Giancarlo Pagliarini: “Il federalismo agevolerebbe l’Italia”
Il politico 79enne, oggi attivo con la “Rete 22 Ottobre”, ricorda Gianfranco Miglio, pensa alla lira per il Sud e delinea una sua idea di Stato
“Nemo propheta in patria”. Questa massima biblica che i Vangeli attribuiscono a Gesù per stigmatizzare la fredda accoglienza riservatagli dai suoi conterranei, ben può adattarsi, senza assolutamente voler apparire blasfemi, a Carlo Cattaneo e al federalismo che aveva proposto quale forma di governo per organizzare e amministrare l’Italia in cui è nato e vissuto per tanti anni, all’indomani di quella che i libri di storia fanno passare per “unificazione”.
La scelta fra il modello (quello federale) in cui il potere viene liberamente attribuito ai cittadini e agli enti a essi più vicini, e quello in cui invece (il centralista) la gestione è nelle mani di centri di potere gestiti da persone che poi si arroccano dentro di essi, nel paese di Dante Alighieri e Francesco Petrarca, come tutti sappiamo è andata a pendere dalla seconda parte.
A Barcellona oggi “solo” un milione di persone. Sono con loro e anche loro (come Bossi a Venezia il 15 Settembre 1996) ricordano il Diritto Naturale di Autodeterminazione pic.twitter.com/Di6teXJkAW
— Giancarlo Pagliarini (@vecchiopaglia) September 11, 2021
Il dibattito sul federalismo, per lungo tempo sopito, ha ripreso nuova vita dopo la fine del secondo conflitto bellico, e soprattutto dalla seconda metà degli Anni 80, quando la prepotente ascesa della Lega Nord di Umberto Bossi pareva poter dare la stura a un processo di rinnovamento dello stato centralista italiano.
Processo che, a un certo punto, sembrava addirittura davvero essere a portata di mano, con l’avvento di Tangentopoli che ha segnato la fine della Prima Repubblica e stava alimentando la voglia di cambiamento presente in ampi strati della popolazione.
L’alleanza di governo con il neonato partito di Silvio Berlusconi nel 1994, però, paradossalmente, ha sancito l’inizio della fine della spinta propulsiva del Carroccio che, con il trascorrere degli anni, ha iniziato gradualmente a perdere di mordente, anche per il tradimento fatto ai danni di forze indipendentiste che spingevano per completare la rivoluzione federale anche al Sud, come la Lega Sud Ausonia.
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Accordo preliminare tra il Governo e la Regione Lombardia
Accordo preliminare tra il Governo e la Regione Veneto
Sino ad arrivare ai giorni nostri con la totale abiura del federalismo da parte di Matteo Salvini, con la svolta nazionalista che, di fatto, ha letteralmente cambiato i connotati a quella che agli albori era la Lega Lombarda, cancellando dall’agone politico qualsiasi riferimento alla forma di governo maggiormente vicina ai cittadini.
Abbiamo discusso delle prospettive del federalismo in Italia e non soltanto, con Giancarlo Pagliarini, ex ministro del Bilancio ai tempi del primo governo Berlusconi nonché esponente di spicco della Lega Nord e della Lega Lombarda dei primordi.
Carlo Cattaneo è dovuto andare in Svizzera, per vedere applicata con successo la sua proposta di organizzazione dello Stato. Perché il federalismo in Italia, a suo avviso, non si è mai imposto?
“Perché, qui, in Italia la politica non è al servizio dei cittadini ma tende a gestire il potere. Al sistema dei partiti, non gliene importa nulla dei cittadini ed è chiaro che il federalismo, che è una riorganizzazione trasparente del potere, è mal visto. Non a caso, in Svizzera, il Presidente è a rotazione e dura in carica un anno, proprio per evitare una gestione del potere troppo centralizzata. Fino a quando, in questo Paese, non si riesce a rompere lo schema che prevede la gestione del potere da parte della politica, per noi cittadini sarà sempre una tragedia perché continueremo a vivere molto male”.
Alle recenti elezioni amministrative, la Lega di Salvini ha subito una durissima battuta d’arresto. Lei si aspettava un tale risultato?
“Se devo dire la verità, sì. In un recente articolo uscito sul quotidiano ‘HuffPost’, il titolone in grassetto è ‘La Lega crolla perché Salvini ha abbandonato il Nord’. Perché uno di Milano deve votare Salvini quando, insieme alla Meloni, vuole portare i soldi delle tasse pagate dai cittadini a Roma, dal momento che è la capitale dell’Italia? Perché fare questo, quando i soldi che vanno a Roma vengono poi divisi dai politici in modo che possano arrivare ai collegi elettorali? È una disorganizzazione totale, in cui Salvini ormai è diventato uguale agli altri. Attenzione, con questo non voglio dire che è peggiore degli altri, ma che non è nemmeno migliore di loro. È un classico politico italiano che vuole gestire il potere anche se, per fortuna, la gente comincia ad averne le scatole piene e non vota più nessuno. Il risultato delle recenti elezioni amministrative del 3 e 4 ottobre scorsi, nelle grandi città, con meno del 50 per cento che è andato a votare, è un risultato significativo e incoraggiante. Significa, semplicemente, che la gente non ne può più, di questo sistema di gestione del potere oltre che del teatrino della politica”.
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Quale modello di federalismo, a suo avviso, può essere maggiormente adattabile alla realtà italiana?
“Senza nessunissimo dubbio, quello svizzero. Invece dei Cantoni avremmo, al loro posto, qualcosa di simile alle Regioni e alle Province. Ognuno è titolare della propria sovranità, si lavora insieme e si delegano solo alcuni compiti allo Stato centrale. Abbiamo enti territoriali che sono titolari della sovranità, mentre lo Stato centrale gestisce alcuni compiti da essi attribuiti attraverso la delega. Il tutto mantenendo il principio della diversità, perché ognuno non è migliore o peggiore dell’altro, ma diverso sì. Si lavora tutti insieme per il raggiungimento di un obiettivo comune che è quello di organizzare e far funzionare bene il sistema-Paese. Il modello, senza nessun dubbio, non può essere che quello svizzero”.
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Uno dei suoi cavalli di battaglia più famosi è stato senz’altro l’ipotesi dell’introduzione della doppia moneta, al Nord come al Sud, prima dell’avvento dell’Euro. Ritiene ancora percorribile questa strada per questi due territori, divisi ancora oggi da profonde differenze sociali, culturali ed economiche?
“Certo. La doppia moneta significava semplicemente che il Nord competitivo aderiva all’Euro e che il Sud ne sarebbe rimasto, almeno inizialmente fuori, continuando a manutenere la Lira svalutata in maniera competitiva. Poiché la materia prima del Sud è rappresentata dal turismo e dall’agricoltura, non credo che avrebbe avuto problemi così drammatici. Il Sud così si rinforzava dal punto di vista economico e, a quel punto, anch’esso sarebbe entrato nell’Euro. È ancora attuabile? Assolutamente sì, a patto che il Mezzogiorno d’Italia esca dalla moneta unica. Andrebbe proposta la separazione consensuale, così com’è accaduto fra Repubblica Ceca e Slovacchia con il ‘guanto di velluto’. Il Nord aderisce all’Euro perché è già competitivo, mentre il Sud adotta la Lira svalutata perché aumenta le sue esportazioni, attrae capitali dall’estero e aiuta le imprese. Quando poi sarà il momento, aderirà all’Euro e avremo tutti la stessa moneta. Quando si parla di doppia moneta, si intende dunque che le aree competitive che non soffrono vanno avanti con l’Euro, mentre quelle non competitive come il Sud assumono ‘la droga’ della svalutazione competitiva anche se, ripeto, in via temporanea e non costante”.
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Che prospettive può avere attualmente il federalismo in un’Italia divorata dal centralismo e dallo statalismo, e oggi più che a mai a rischio di una pericolosissima deriva autoritaria?
“Mi ha fatto molto piacere che tanti cittadini nelle ultime elezioni non sono andati a votare, perché ciò vuol dire che non ci credono più. Sarebbe però necessario che qualche leader politico rilanciasse il tema. A Salvini, glielo ho fatto sapere centinaia di volte. E quando era al picco della popolarità, se avesse proposto una riforma in senso federale della Costituzione perché lo Stato è organizzato male e dunque delegava ai territori diversi compiti, a quest’ora probabilmente non ci ritroveremmo in questa situazione. Io, ormai, ho ottant’anni e mi considero più che anziano se non, addirittura, antico. Ma nonostante ciò continuo a portare avanti queste idee con la ‘Rete 22 ottobre’ che prende spunto dalla data del 22 ottobre 2017 quando fu indetto un referendum, per dare maggiore autonomia e qualche responsabilità e competenza in più a Lombardia e Veneto (in realtà, un’importante forma di regionalismo differenziato è stata richiesta anche dalla Regione Emilia-Romagna con voto dell’assemblea legislativa, ndr). È ovvio che quello non è federalismo, quanto piuttosto è una strada da percorrere per cambiare, poi nel tempo, la Costituzione. Le prospettive ci sono, certo. Ma la vedo veramente molto, ma molto dura. Se non fai quella roba lì, l’Italia non ne esce e continueremo ad essere organizzati male e a non essere competitivi. In pratica, perpetueremo a vivere in maniera pessima in questo paese”.
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Il leader della Lega Sud Ausonia, Gianfranco Vestuto, ha lanciato da diversi anni il progetto “Popoli Sovrani d’Europa”, al quale hanno aderito fra gli altri i veneti, per creare un cartello di movimenti realmente federalisti e indipendentisti, basato sul sacro principio “ognuno a casa propria”. Può essere il coordinamento fra realtà radicate sul territorio la strada maestra per rilanciare il tema del federalismo, nell’ambito del dibattito politico italiano?
“Assolutamente sì, ma c’è bisogno di politici che lancino questo messaggio. Vestuto dice una cosa giustissima, si tratta solo di copiare la Costituzione della Svizzera e occorrerebbero politici che dicano queste cose. Del resto, in questa Costituzione prima dell’articolo 1, nei cinque preamboli si stabilisce che ‘i Cantoni sono diversi fra loro, ma collaborano insieme’. È chiaro che questi territori sono diversi e, come già ho avuto modo di evidenziare prima, nessuno è migliore o peggiore dell’altro. È necessario che i nostri Cantoni, ovvero le Regioni, godano di sovranità totale e siano dunque ognuno di essi padrone in casa propria. Nell’ottica di una collaborazione insieme agli altri territori, nel comune obiettivo della migliore gestione ed organizzazione del sistema-Paese. La Costituzione della Svizzera è una cosa logica, perché il centralismo va contro natura ed è un qualcosa che ricorda il medioevo. Quello che dice Vestuto è giusto perché va nella direzione della logica e del buon senso”.
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Un suo, personale ricordo di Gianfranco Miglio: c’è un aneddoto particolare che ci può raccontare?
“Sì, me ne ricordo uno veramente bello. Ero a casa sua, a Como, e a un certo punto mi prende sotto braccio e dice: ‘Vedi, Paglia, quando sono triste vengo qua, sul terrazzo”. Gli chiedo: ‘Perché vieni su questo terrazza?’. Mi stringe un po’, indica con il dito e mi risponde: ‘Perché là c’è la Svizzera’… È vero, l’ho scritto anche in un articolo: quando Miglio era triste, veniva sul terrazzo e guardava all’orizzonte la Svizzera per ritemprarsi…”.
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Federalismo o confederalismo? Quali le differenze tra i due concetti?
Gli USA so fedrali, ma colá lo stato é fin troppo presente e concede autonomie relative.
Grazie