La disumanità dei primi rivoluzionari germe delle catastrofi
Nell’anniversario della Révolution Française, è tempo di porsi domande storiograficamente serie su che cosa essa abbia realmente rappresentato
Le rivoluzioni, si sa, devono per forza essere violente: non sono un pranzo di gala e il loro corollario di morti e di soprusi ne rappresenta, per così dire, l’evidente biglietto da visita.
Tutte, nessuna esclusa, hanno preteso il loro tributo di sangue: che si sia trattato dei Cavaliers del 1649 o dei Barin del 1917.
Dunque, non è per le dimensioni del massacro che, oggi, la Rivoluzione Francese, andrebbe riletta e ricommentata: certo, si è trattato di un’ecatombe, ma il XX secolo ha visto massacri assai peggiori fatti in nome di un principio rivoluzionario.
Il meraviglioso (quanto irrealizzato) sogno dell’isonomia
La “modernità” di un’idea: i principi valgano più delle persone
Il punto è che proprio la Rivoluzione Francese ha dato il via all’idea, del tutto moderna, che i principi valgano più delle persone: che, in un certo senso, gli esseri umani siano semplicemente simboli, da abbattere o da esaltare, a seconda della loro collocazione politica o sociale.
Insomma, nel 1789 si è affermata, per la prima volta, la disumanità della rivoluzione. Non la crudeltà o la sanguinarietà: quelle esistevano già. Proprio la disumanità: la mancanza di sentimento nell’applicare la legge dello sterminio.
Perché uccidere senza odiare è una cosa che ti lascia senza parole: la teorizzazione del terrore, la sua burocratizzazione, è qualcosa che travalica il semplice delitto.
Una società (conformistica) della vergogna pronta all’oblio
Da Robespierre o Saint-Just, la necessità politica del delitto
Dunque, possiamo dire che Robespierre o Saint-Just sono stati i modelli su cui sono stati plasmati, nei secoli successivi, i grandi rivoluzionari, ma anche i grandi criminali contro l’umanità.
I brigatisti che sparavano dicendo di uccidere un simbolo e non un uomo: intanto, però, ammazzavano padri, fratelli, figli di qualcuno. E si giustificavano con questa sconcertante mancanza di sentimenti: con questa giacobina idea di necessità politica del delitto.
Dalla Verantwortung asburgica all’irresponsabilità ostentata
Armeni, Kulaki, Ebrei e Cambogiani in un unico bagno di sangue
È stato così per gli Armeni come per i Kulaki, per gli Ebrei come per i Cambogiani: numeri nel bilancio del genocidio. E, gira che ti rigira, tutto ebbe origine dalla Rivoluzione Francese: la grande matrice degli stermini moderni.
Per questo, gli anni della rivoluzione e, soprattutto, quelli del Terrore, andrebbero studiati anche da questo punto di vista: quello dell’epistemologia del massacro.
Fu allora che cominciarono a prendere forma quelle teorie aberranti che hanno trovato piena applicazione nelle colossali stragi della modernità e che sono indubitabilmente figlie dell’esperienza giacobina.
Naturalmente, gli esecutori materiali dei massacri vanno annoverati fra le creature bestiali: le colonne del diavolo o le tricoteuses rappresentano forme patenti di degenerazione dell’umanità.
Anche un’idea sbagliata di Stato può generare gli olocausti
La fredda e razionale crudeltà nell’applicare una legge iniqua
Ma i mandanti, gli ideologi, i figli del progresso che, convinti di essere liberi, uguali e fraterni, ideavano la legge del sospetto o mandavano a morte centinaia di persone ogni giorno, per la sola colpa di far parte dell’odiata classe aristocratica, quelli rappresentano un fenomeno diverso: la fredda crudeltà nell’applicare una legge iniqua è qualcosa di molto diverso dalle reazioni animalesche della plebe scatenata.
Proprio quella freddezza, quella asettica crudeltà, è il peggior portato della Rivoluzione Francese: portato che possiamo riconoscere in tutti i genocidi e classicidi moderni. Perché ne è lo stigma inconfondibile.
L’insostenibile ed eterna stupidità dell’algoritmo censorio
Dal 1789 in poi il pericoloso primato della teoria sulla realtà
In definitiva, la Rivoluzione Francese ha introdotto sul pianeta l’idea che la teoria possa soppiantare la realtà: che, in nome della prima, si possa cancellare la seconda. Anche se la realtà ha la forma di un essere umano.
Quindi, semplificando un po’, mi viene da scrivere che il “Male assoluto”, che tanto piace evocare ai democratici d’oggidì, non vada cercato nei feroci totalitarismi del Novecento, bensì molto più a monte, negli anni folli e funesti della Francia rivoluzionaria.
Pienamente d’accordo