Il quesito alla base del principio di isonomia

Il meraviglioso (quanto irrealizzato) sogno dell’isonomia

Uno dei miti dell’illuminismo è quello di una legge uguale per tutti: oggi constatiamo che non soltanto non è vero, ma che ciò è il problema…

L’isonomia è un principio meravigliosamente democratico e, al contempo, esprime una rigidità politica e ideologica formidabile.
È democratico perché nulla azzera le differenze sociali più che il sapere che, di fronte alla legge, nessuno possa godere di particolari benefici legati al rango, al censo o alle proprie relazioni.
Al contempo, vi è sottintesa l’assoluta inflessibilità del giudice: una sorta di algida divinità giuridica, astratta e intoccabile, che colpisce implacabilmente il reo, chiunque egli sia.
Insomma, se lo Stato vuole essere credibile nella sua laicità, dev’essere, al contempo, aristocratico nella determinazione del bene e del male e democratico nell’applicazione giudiziaria di questo discrimine.
Viceversa, lo Stato italiano, forse a causa di elementi di carattere antropologico del suo popolo, forse per la debolezza intrinseca del sistema e, forse, per la ridondante pletora delle sue migliaia di leggi, non applica quasi mai l’isonomia.

Dalla Verantwortung asburgica all’irresponsabilità ostentata
Una società (conformistica) della vergogna pronta all’oblio
Quando il vero problema non è il “quanto” bensì il “perché”

La bilancia è il simbolo della giustizia.
La bilancia è il simbolo della giustizia.

Nemmeno una parvenza dell’idea di reciprocità giuridica

Dirò di più: l’Italia non ha nemmeno una parvenza dell’idea di reciprocità giuridica. La legge, in un Paese in cui i processi civili durano decenni, non può essere uguale per tutti: chi può permettersi di pagare un avvocato vita natural durante, ha molte chances di portarsi a casa il risultato.
È questo è solo uno dei molteplici esempi. Un altro, attualissimo ed eclatante, è stato quello del Gay Pride: una specie di carnevale colorato, in cui le molteplici varianti dell’umana sessualità vengono declinate “en travesti”, spesso con pagliacciate di dubbio gusto.
Orbene, il tema di quest’ultimo jamboree multiversale era, inevitabilmente, il contestatissimo decreto Zan. Secondo i sostenitori del provvedimento, ve ne sarebbe impellente necessità per arginare la dilagante campagna persecutoria in atto contro chiunque sgarri dalla linea uomo-donna.
Ora, a parte che questa spaventosa persecuzione io proprio non la vedo, ad aprire il corteo dei manifestanti c’era un fesso travestito da Gesù Cristo, che portava a spasso una croce con una serie di scritte e disegnini offensivi per la morale cattolica.
Premessa inevitabile: io non sono cattolico e, per me, uno può anche accoppiarsi con una lavastoviglie e sposarsi un armadillo.
Ciò detto, se in Italia esistesse davvero il concetto di isonomia, il cialtrone verrebbe perseguito per la stessa ragione per cui egli chiede che vengano perseguiti gli omofobi: né più né meno.

E se fosse il Calcio il più attendibile marcatore sociale?
Non chiedeteci parole: in Italia più non ne abbiamo…
Un secolo e mezzo di incorreggibile “questione meridionale”

Il Palazzo della Pace a L'Aja ospita la Corte Internazionale di Giustizia
Il Palazzo della Pace a L’Aja ospita la Corte Internazionale di Giustizia

L’Italia delle categorie protette al di sopra della legge

Con la differenza che i cattolici italiani non sono una minoranza oppressa, ma una maggioranza. Invece, nel Bel Paese, esistono categorie protette, al di sopra della legge, che possono fare, dire, praticare ciò che vogliono.
Provate a fare un incidente stradale in cui sia coinvolto un africano e ad apostrofarlo come se si trattasse di un vostro compatriota: mal ve ne incoglierebbe, perché dare del “coglione” a un italiano è il corollario di una cultura incidentizia conclamata, mentre darlo allo straniero vi connota, immediatamente, come un pericoloso razzista. Con legislazione apposita, pronta a scattare.
Così, ci si inginocchia per una vittima e si fa finta che un’altra vittima non esista. Insomma, non si pratica mai l’isonomia: la legge serve solo a difendere i miei e a perseguire i tuoi.
Come tutto, come sempre, in Italia. E, allora, tanto vale tornare all’Ancien Régime, con tanti bei saluti all’Illuminismo, a Rousseau, ai suoi cinque figli abbandonati agli Enfants-Trouvés e alla sua moglie analfabeta e succube.
Perché la grande ipocrisia, il mito della legge che è uguale per tutti finché mi fa comodo, nasce proprio lì. Come quasi tutti i mali che stanno mettendo in ginocchio la civiltà occidentale. Amen.

L’insostenibile ed eterna stupidità dell’algoritmo censorio 
Centosessant’anni di Italia, nemmeno uno di federalismo…
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La bilancia è il simbolo della giustizia
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