Una Nazione orfana, in primis, della consapevolezza di sé…
Il vuoto totale di senso dello Stato ha reso il popolo italiano una massa pericolosamente amorfa e facilmente soggetta ai capricci del momento
Un osservatore esterno, esaminando il comportamento degli Italiani di fronte a fenomeni che riguardino tutta la comunità nazionale, non può che rimanere perplesso, per l’assoluto anarchismo che regola le relazioni e l’atteggiamento del popolo.
Che si tratti di un campionato di calcio o di una campagna vaccinale, tanto per attenerci alla cronaca recente, gli Italiani assumono comportamenti, tanto collettivi che individuali, che lasciano a bocca aperta.
Prendiamo il caso del vaccino anti-COVID. Un vaccino è un vaccino: da che mondo e mondo, la gente si vaccina, senza fare troppe storie. In questo modo, sono state sconfitte alcune delle piaghe dell’umanità: malattie terribili, come il vaiolo o la poliomielite, ma anche patologie meno gravi, come la difterite o la semplice influenza.
Ricordo benissimo le campagne vaccinali di quando ero bambino: i francobolli commemorativi di Albert Sabin o di Edward Jenner, gli scolaretti in fila per fare la tubercolina, la lancetta che ti incideva sulla spalla, lasciandoti una cicatrice rotonda, di cui andavi orgoglioso come se l’avessi ricevuta in combattimento.
Il meraviglioso (quanto irrealizzato) sogno dell’isonomia
Una società (conformistica) della vergogna pronta all’oblio
La vaccinazione pressoché ridotta a mera scelta politica
Oggi, invece, l’Italia si divide in due: la vaccinazione è diventata una sorta di scelta politica, in una battaglia a colpi di insulti, aforismi e battute pubblicitarie.
Certo, in parte questo dipende dalla assoluta modestia dei comunicatori scientifici, che, in questi mesi, hanno detto tutto e il contrario di tutto, senza neppure cambiarsi la cravatta: l’arroganza, la cupidigia, il desiderio di celebrità di questi poveracci travestiti da scienziati hanno definitivamente alienato le simpatie della gente verso la scienza.
Tuttavia, credo che il fenomeno abbia radici più profonde: la verità è che il popolo italiano ha perso ogni fiducia – e già ne nutriva poca – nei confronti dello Stato, in tutte le sue manifestazioni.
E le vaccinazioni sono, che piaccia o no, manifestazione fenomenica dello Stato: uno si vaccina perché si fida di qualcuno che gli dice di vaccinarsi, e questo qualcuno è, appunto, lo Stato.
Dalla Verantwortung asburgica all’irresponsabilità ostentata
Così l’emergenza in Italia è diventata una perenne normalità
Persone storicamente lontane dall’ideale di unità nazionale
Fin dalle origini, gli Italiani hanno sentito in maniera piuttosto ondivaga e volatile questa idea di comunità statale: la struttura verticistica e centralistica dello Stato, prima sabaudo e poi repubblicano, ha contribuito ad allontanare le persone dalla gestione del Paese, dall’ideale di unità nazionale.
Così, salvo rari episodi, la gente è sempre rimasta alla finestra, a guardare come sarebbe andata a finire: non ha mai partecipato.
Oggi, che lo Stato mostra un’insicurezza di sé addirittura drammatica, nelle mani com’è di dilettanti allo sbaraglio, di analfabeti senz’arte né parte e, soprattutto, di gente pronta a dichiarare, quando conviene, l’esatto contrario di ciò che aveva sostenuto fino a cinque minuti prima, il popolo non ci crede più, non si fida più.
E, venendo meno la fiducia, ognuno si sente autorizzato a fare come gli pare, a fidarsi, di volta in volta, del dulcamara più convincente: ed ecco l’anarchismo di cui dicevamo.
E se fosse il Calcio il più attendibile marcatore sociale?
Un secolo e mezzo di incorreggibile “questione meridionale”
Un’espressione storica dopo la nota “espressione geografica”
E lo Stato o, meglio, le persone che lo rappresentano, che fanno? Anziché rivolgersi al popolo, spiegandogli le ragioni di certe scelte e dando segnali inequivocabili per autorevolezza e chiarezza, si chiudono nei propri uffici e nei penetrali di un potere commissariale, limitandosi, di volta in volta, a comunicare alla gente i loro ukaze, calandoli da un’altezza che, ormai, tutti leggono come, piattume assoluto.
È quello che è accaduto nelle chiese, quando i fedeli hanno cominciato a saperne più del predicatore: caduta l’aura ieratica, spesso il falco si è rivelato un tacchino.
Lo stesso sta succedendo nella vita politica. Quando costruisci uno Stato sulla sabbia, i nodi, prima o poi, vengono al pettine. L’Italia rischia di diventare un’espressione storica, dopo essere stata un’espressione geografica.
Centosessant’anni di Italia, nemmeno uno di federalismo…
Non chiedeteci parole: in Italia più non ne abbiamo…