Milei e la rinascita argentina
L’inflazione crolla e la povertà diminuisce mentre emergono segnali incoraggianti per il governo libertario di Milei, che punta su austerità e liberalizzazioni per rilanciare l’economia argentina.

Nel novembre 2023, l’Argentina si trovava sull’orlo del collasso economico: inflazione annua al 211,4%, povertà al 41,7% (quasi 20 milioni di persone sotto la soglia), una svalutazione del 50% del peso solo in agosto, e una profonda crisi di fiducia verso la politica.
Il ballottaggio presidenziale contrapponeva Sergio Massa, esponente peronista del governo uscente e ministro dell’Economia (i peronisti sono un movimento politico nato attorno alla figura di Juan Perón, con posizioni nazionaliste e sociali oggi considerate di centro-sinistra), a Javier Milei, outsider libertario che denunciava la “malattia socialista” di un paese da decenni imprigionato nel clientelismo statalista.
L’idea che Milei potesse vincere sembrava utopica: senza macchina partitica, senza esperienza politica, contro un sistema radicato. Eppure vinse con oltre 10 punti di margine, ereditando un Paese in condizioni disperate. Nel suo primo discorso non promise miracoli: «Non c’è più un soldo» (“No hay plata”) fu la sua dichiarazione programmatica.
La gravità dell’eredità e le previsioni catastrofiche
La situazione che Milei trovò era un vero campo minato. Massa, per guadagnare consensi, aveva finanziato la spesa pubblica con stampa di moneta incontrollata, alimentando l’inflazione. L’opposizione accusava il ministro di aver sacrificato la stabilità per vincere le elezioni.
Alla vigilia del voto, oltre 100 economisti (tra cui Thomas Piketty e Branko Milanovic) firmarono una lettera aperta sul Guardian in cui avvertivano che un governo Milei avrebbe portato “devastazione” all’Argentina. Stabilizzare il Paese con quegli indicatori sembrava, a detta di molti, impossibile.
Ma a un anno e mezzo dall’insediamento, il bilancio è molto diverso da quello temuto.
Perché l’Argentina potrebbe passare al dollaro
Il piano di stabilizzazione: austerità, liberalizzazioni e disciplina fiscale
Milei ha avviato un programma shock: tagli drastici alla spesa pubblica, licenziamenti nel settore statale, abolizione di sussidi e di burocrazie inefficienti. Il primo obiettivo era azzerare il deficit primario, eliminando la necessità di finanziare il governo stampando moneta.
Ha liberalizzato l’economia, rimosso controlli sui prezzi e affrontato la questione del cambio fisso. Ad aprile 2025, nell’ambito di un accordo da 20 miliardi di dollari con il FMI, ha eliminato il regime di cambio controllato che, se da un lato conteneva l’inflazione nominale, dall’altro impediva di accumulare riserve di valuta forte.
Molti analisti temevano che ciò avrebbe scatenato un’altra ondata inflattiva. Invece, il governo è riuscito a minimizzare l’impatto della svalutazione sui prezzi grazie a politiche fiscali e monetarie restrittive e ad incentivi per attrarre dollari sul mercato legale, come sgravi fiscali agli esportatori agricoli.
I risultati: inflazione in calo e ripresa del peso
I dati recenti sorprendono anche gli osservatori più scettici. Nel maggio 2025, l’inflazione mensile è scesa all’1,5%, il valore più basso in cinque anni. A dicembre 2023, all’inizio del mandato di Milei, era stata del 25,5% mensile.
L’inflazione annua resta comunque alta (43,5%) — una delle più elevate al mondo — ma in calo drastico rispetto al 211% del 2023.
Secondo l’economista Ramiro Blazquez Giomi (StoneX), il governo ha “tenuto al minimo” il pass-through della svalutazione ai prezzi, consolidando la credibilità del peso. Il cambio più forte ha però effetti collaterali: penalizza la competitività dell’export agricolo e rischia di pesare sull’attività economica interna.
Segnali sociali: povertà in calo, ma consumi ancora deboli
In poco più di un anno e mezzo di governo, Javier Milei ha imposto un programma di austerità fiscale, tagli alla spesa pubblica e freno alla base monetaria per combattere l’inflazione galoppante. La strategia ha portato a un calo marcato dell’inflazione e a una ripresa dell’economia, con il PIL in crescita e i salari reali in aumento. Sul piano sociale, le statistiche mostrano un netto miglioramento: la povertà, che aveva raggiunto il 52,9% nel primo semestre del 2024, è scesa al 38,1% nella seconda metà dell’anno e ha continuato a calare, arrivando al 31,7% nel primo trimestre del 2025, ai minimi dal 2018. Secondo l’UNICEF, circa 1,7 milioni di bambini sono usciti dalla povertà da quando Milei è al governo.
Tuttavia, non tutto è risolto: la crescita del PIL si è stabilizzata negli ultimi mesi e la spesa dei consumatori in diversi settori resta su livelli recessivi. Il FMI prevede comunque un rimbalzo del 5,5% del PIL nel 2025, dopo la profonda recessione del 2023. Sebbene la stabilizzazione macroeconomica e il rafforzamento del consumo privato abbiano favorito questi miglioramenti, restano sfide legate alla sostenibilità delle politiche adottate e agli effetti sociali dei tagli.
Il nodo delle riserve valutarie
Resta un problema strutturale: la scarsa disponibilità di dollari per pagare il debito estero. Il FMI ha già concesso una proroga sul target di aumento delle riserve di 4,5 miliardi di dollari. Milei si rifiuta di accumulare dollari stampando pesos, per non alimentare nuova inflazione.
Per rafforzare le riserve, il governo ha concluso un accordo di riacquisto (repo) da 2 miliardi di dollari con banche internazionali, ha emesso obbligazioni per 1 miliardo di dollari sui mercati esteri e usa l’avanzo fiscale per acquistare valuta.
Una scommessa politica in vista delle elezioni
Questi risultati economici migliorano le prospettive elettorali di Milei in vista delle elezioni di medio termine di ottobre 2025. Il suo governo ha puntato tutto sulla stabilità dei prezzi come messaggio per un popolo esausto dall’inflazione cronica.
Eppure la partita non è chiusa. Il raffreddamento dell’attività economica e la forza del peso potrebbero intaccare il sostegno di settori produttivi e fasce popolari che già soffrono consumi ridotti.
Conclusione
Contro ogni previsione disastrosa, la strategia di Milei — fatta di disciplina fiscale, tagli alla spesa, liberalizzazioni e stop alla stampa di moneta — ha ridotto l’inflazione mensile ai minimi di cinque anni e stabilizzato un Paese che sembrava ingovernabile.
L’Argentina non è ancora fuori dal tunnel, ma ha imboccato una direzione che molti consideravano impossibile.
Fonti: The daily economy – Financial times – Bloomberg






