Quanto durerà l’inflazione alta?
Un ritorno ad una bassa inflazione richiederà probabilmente anni, non mesi. Attualmente, però, una politica atta ad abbassare l’inflazione sembra non essere in voga tra le banche centrali d’Europa e USA.
In nuce:
– L’aumento della produzione non diminuirà l’inflazione
– La pressione determinata dalla domanda resterà elevata
– I prezzi alti persisteranno anni, non mesi
Nel gennaio 2022 l’inflazione negli Stati Uniti ha raggiunto il 7.0 % , un aumento
rispetto al 1.4 % di gennaio. I dati dell’ eurozona sono migliori, ma ancora allarmanti:
5,1 %, contro lo 0,9 per cento dell’ anno precedente. Sono lontani i giorni in cui il presidente della Federal Reserve Jerome Powell e il presidente della Banca Centrale Europea (BCE) Christine Lagarde sostenevano che l’aumento dei prezzi sarebbe stato moderato, temporaneo e limitato a certe industrie.
Le previsioni attuali variano ma in generale il tasso d’inflazione dovrebbe scendere di almeno 2 punti percentuali entro la fine di quest’anno, stabilizzandosi intorno al 2 % nel 2023. I mercati finanziari sembrano essere d’accordo: in dieci anni i tassi d’interesse del tesoro americano e tedesco sono aumentati rispettivamente del 1.9 % e dello 0.2% Quanto sono affidabili queste previsioni? Possiamo fidarci dei mercati finanziari per prevedere l’inflazione futura?
L’economia non è una scienza lineare, ma un esercizio di pensiero logico e di buon senso. Le previsioni sono infatti congetture teoretiche- a volte colorate da pensiero consapevole e arricchite dagli sforzi per influenzare il comportamento del mercato. Questo rapporto si concentra sul ragionamento dato dalla visione d’insieme, valutando gli scenari che potrebbero determinare il calo dell’inflazione e immaginare delle alternative.
Saggezza convenzionale
Secondo l’opinione generale, tenuta dai banchieri delle principali banche centrali, e dalla maggior parte dei modelli di previsione, la domanda aggregata è la chiave variabile che guida l’inflazione, anche se alcuni aggiustamenti sono necessari quando emergono eventi inaspettati. Per esempio, la maggior parte degli analisti dice che la fonte dell’attuale inflazione alta negli Stati Uniti sia stata causata dalla ripresa dell’attività economica nel 2021, poiché la gente ha aumentato la spesa dopo la crisi pandemica.
I colli di bottiglia della catena dell’offerta e del mercato del lavoro hanno fatto si che l’aumento della domanda aggregata non venisse soddisfatto. Secondo la narrazione attualmente dominante il post-pandemia del 2022-2023 sarà caratterizzato da una sorta di rimbalzo, in cui diminuirà la domanda e si allenteranno le strozzature dell’offerta, portando ad una diminuzione dell’inflazione.
“Possiamo fidarci dei mercati finanziari per prevedere l’inflazione futura?”
La storia europea è simile. Anche se la ripresa del 2021 nell’UE è stata più debole che negli Stati Uniti, la BCE ritiene che l’inflazione inaspettatamente alta di oggi sia un mix di aumento della spesa dei consumatori e limitazioni dell’offerta. Inoltre, le autorità europee danno spesso la colpa all’aumento dei prezzi dell’energia e, stranamente, fanno notare che i prezzi 2020 erano molto bassi, suggerendo che l’inflazione possa ripristinare in modo ottimale i livelli della domanda e dell’offerta.
Secondo questo punto di vista, una minore domanda aggregata e un allentamento delle restrizioni che hanno caratterizzato le offerte dovrebbero presentarsi durante il 2021.
Non è chiaro se o quando la BCE sentenzierà che i prezzi 2022 saranno “giusti”, ma il suo messaggio, che vorrebbe essere rassicurante, è che l’inflazione sia semplicemente il prezzo da pagare per una rapida transizione verso modelli di giustizia sociale, energia pulita e crescita sostenibile (qualunque cosa significhino queste espressioni).
Domanda in crescita
Naturalmente c’è un altro modo di ragionare sull’inflazione. La domanda aggregata aumenta se la gente decide di spendere di più, cosa che può permettersi solo se chi ha soldi in tasca decide di scambiarli con beni e servizi. D’altra parte, l’offerta non riesce ad adattarsi se le imprese esitano ad aumentare la produzione per vari motivi: se gli imprenditori non possono assumere abbastanza lavoratori, se non possono permettersi di espandere gli impianti di produzione (compresi i macchinari), se non riescono a ottenere abbastanza input intermedi, o semplicemente non approvano le regole del gioco (tassazione e regolamentazione).
Come si muoveranno questi fattori nei prossimi trimestri?
Anche se sia la Fed che la BCE hanno annunciato che l’era della stampa di denaro sregolata è finita, non ci sarà una politica monetaria stretta. Per esempio, il tasso dei fondi federali è dello 0,25%; anche se salisse al 2,1% entro la fine dell’anno, come prevedono per il 2022 alcuni funzionari della Fed, il tasso reale sarebbe ancora negativo. Lo stesso vale in Europa, dove i tassi di interesse nominali dovrebbero effettivamente rimanere stabili, secondo il presidente della BCE Lagarde. Purtroppo, questa è una promessa credibile, poiché un certo numero di aziende e paesi europei altamente indebitati soffrirebbero drammaticamente se i tassi di interesse salissero e se le previsioni sulla bassa crescita si avverassero.
Fatti e cifre
Inflazione negli Stati Uniti e in Europa, 2016-2021
Di conseguenza, possiamo aspettarci che quest’anno grandi quantità di denaro continueranno a riversarsi nelle tasche delle persone su entrambi i lati dell’Atlantico, mantenendo la domanda vivace. In questa luce, gli scenari teorizzati sono conseguenziali al comportamento delle persone. Se verranno ripetuti i comportamenti avuti nel
2021; in che misura spenderanno le loro liquidità, se consumeranno ulteriormente i risparmi passati; e se le strozzature dell’offerta si dissolveranno.
Scenari
Tenendo conto di tutto questo, possiamo fare le seguenti previsioni:
La spesa dei consumatori continuerà a crescere negli Stati Uniti, ma a un ritmo relativamente basso. Anche un modesto aumento dei tassi d’interesse probabilmente scoraggerà il consumo finanziato dal debito, mentre meno liquidità entrerà nell’economia. Il calo del 2021 dei salari reali renderà le persone caute, e la performance del mercato azionario potrebbe essere deludente.
Il calo dei tassi di profitto delle imprese farà sì che l’euforia della spesa del passato non sarà più spinta da aumenti significativi della ricchezza finanziaria individuale.
La spesa privata delle famiglie si stabilizzerà in Europa. Anche se il tasso di disoccupazione è relativamente basso, i salari nominali non tengono il passo con l’inflazione e le prospettive future rimangono incerte (con una crescita lenta, una tassazione crescente e grandi deficit pubblici in alcuni paesi chiave). Di conseguenza, la gente rimarrà cauta. Probabilmente si spenderà di più per l’energia, il cui prezzo relativo potrebbe aumentare ancora. Ma la spesa per i beni non energetici soffrirà, poiché i saldi monetari saranno assorbiti dalle bollette energetiche. La vera ancella della domanda sarà la spesa pubblica, attraverso la quale sarà incanalato gran parte dello stimolo fiscale del 2022.
Nonostante l’affievolirsi dei problemi della catena di approvvigionamento, i tassi di crescita del prodotto interno lordo (PIL) diminuiranno sia negli Stati Uniti che in Europa, probabilmente scendendo sotto i livelli previsti da molti osservatori alla fine dell’anno scorso (circa l’1%4.0 per gli Stati Uniti e il 4,3% per l’UE).
Come anticipato in un precedente rapporto, il mercato del lavoro americano è problematico, con le aziende che lottano per evitare che i dipendenti si licenzino in cerca di una paga migliore. Inoltre, dopo essersi risollevati dal declino iniziale, nel 2020, gli investimenti fissi lordi negli Stati Uniti e in Europa sono ora stabili, il che dimostra che è improbabile che le aziende espandano la loro capacità produttiva.
I grandi aumenti della produzione non manterranno bassa l’inflazione nel 2022. La domanda chiave, quindi, è se la domanda di beni di consumo si calmerà.
Certamente, la Federal Reserve può frenare la domanda persuadendo i consumatori che tassi d’interesse significativamente più alti sono proprio dietro l’angolo. Tuttavia, questo richiederebbe che il presidente Powell chiarisca che la politica monetaria miri all’inflazione, opera con regole automatiche e che non tenga conto delle conseguenze per il regno del business (e della crescita).
Se questo accadesse, e le regole automatiche sono abbastanza severe, l’inflazione potrebbe forse scendere al 3% entro la fine di quest’anno e forse più in basso nel 2023. D’altra parte, se Mr. Powell esita, o se la gente crede che sarà cauto, la pressione guidata dalla domanda rimarrà alta. L’incertezza impedirà alle aziende di espandere la loro capacità, e lui potrebbe dover cedere e pompare più denaro nell’economia.
Nel frattempo, c’è ancora poco spazio per l’ottimismo in Europa, specialmente nella zona euro.
L’inflazione rimarrà vicina ai livelli attuali a causa di diversi fattori:
l’alta spesa pubblica, dato che le regole di bilancio del trattato di Maastricht continuano ad essere ignorate; una politica monetaria relativamente generosa, con l’impegno della signora Lagarde di non indebolire le prospettive di crescita e creare una crisi del debito pubblico; e una crescita deludente, dato che le politiche dell’UE in materia di regolamentazione, tasse e cambiamenti climatici servono a scoraggiare le attività imprenditoriali.
Contrariamente a quando sembrano indicare i tassi di interesse a lungo termine sulle obbligazioni sicure, la conclusione è che il ritorno a scenari di bassa inflazione richiederà anni, non mesi. Mentre politiche credibili per stabilizzare i prezzi richiederebbero una nuova generazione di banchieri centrali, i politici su entrambe le sponde dell’Atlantico sembrano però favorire un altro tipo di candidato.
Autore: Enrico Colombatto
Il contributo editoriale proviene dal sito d’informazione e di ricerca “Geopolitical Intelligence Services” (GIS) del Principato del Liechtenstein