Gli effetti del COVID sui lavoratori autonomi italiani

In Italia in un anno di COVID perduti 345mila “sgarantiti”

L’Ufficio Studi della CGIA di Mestre ricorda che, tra febbraio 2020 e lo scorso mese di marzo, l’occupazione del “popolo delle partite IVA” è sceso del 6,6 per cento

Dopo un anno di COVID hanno chiuso 345 mila “sgarantiti”. Ovvero la parte del mercato del lavoro italiano più fragile e meno tutelata.
Siamo parlando del popolo delle partite IVA che, rispetto agli altri lavoratori, quando perdono il posto di lavoro non possono contare su nessun ammortizzatore sociale o misura di sostegno al reddito.
A queste persone rimane sono la disperazione di un fallimento professionale e il chiodo fisso su come trovare una nuova collocazione lavorativa.
L’Ufficio Studi della CGIA di Mestre ricorda che, tra febbraio 2020 e lo scorso mese di marzo, l’occupazione del cosiddetto “popolo delle partite IVA” è diminuito di 345 mila unità, pari a una contrazione del 6,6 per cento.
In questo anno di pandemia tanti artigiani, esercenti, piccoli commercianti, liberi professionisti e lavoratori autonomi non ce l’hanno fatta e sono stati costretti a gettare definitivamente la spugna.

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Un lavoratore autonomo alle prese con il proprio computer
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4.893.000 i lavoratori indipendenti a marzo 2021

A marzo di quest’anno il numero complessivo dei lavoratori indipendenti presenti in Italia si è attestato a quota 4.893.000.
Se in questi ultimi 13 mesi la situazione è stata molto pesante, nei prossimi la situazione non è detto che sia destinata a migliorare.
Tuttavia, ricordiamo che secondo una recente indagine realizzata dall’ISTAT, sono 292 mila le aziende che si trovano in una situazione di seria difficoltà.

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Il lavoratore di un cantiere con una fresa
Il lavoratore di un cantiere con una fresa

C’è un valore aggiunto che sfiora i 63 miliardi di euro

Sono attività che danno lavoro a 1,9 milioni di addetti e producono un valore aggiunto che sfiora i 63 miliardi di euro.
Il numero medio di addetti per impresa di questa platea di aziende così a rischio chiusura è pari a 6,5.
Stiamo parlando di micro attività che, pesantemente colpite dall’emergenza sanitaria, non hanno adottato alcuna strategia di risposta alla crisi e, conseguentemente, corrono il pericolo di abbassare definitivamente la saracinesca.

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Donne al lavoro in ufficio al computer
Donne al lavoro in ufficio al computer

Guai per tessile, abbigliamento, stampa, mobili e edilizia

I settori produttivi più interessati da queste 292 mila attività sono il tessile, l’abbigliamento, la stampa, i mobili e l’edilizia.
Nel settore dei servizi, invece, si distinguono le difficoltà della ristorazione, degli alloggi/alberghi, del commercio dell’auto e altri comparti come il commercio al dettaglio, il noleggio, i viaggi, il gioco e lo sport.
È evidente che non tutti questi operatori economici hanno hanno chiuso o chiuderanno definitivamente i battenti nei prossimi mesi, tuttavia con lo sblocco dei licenziamenti previsto nel prossimo autunno, molti degli addetti di queste piccole attività rischiano di trovarsi senza un’occupazione regolare.

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La condizione professionale degli italiani a marzo 2021
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