Gli studenti elvetici lavorano (pure) dieci ore la settimana
I tre quarti dei giovani che studiano in Svizzera svolgono un’attività lucrativa, la cui remunerazione rappresenta il 39 per cento delle loro entrate mensili
Ogni settimana del semestre gli studenti dedicano in media 9,7 ore a un’attività professionale parallelamente agli studi. Circa i tre quarti di loro esercitano un’attività lavorativa, la cui rimunerazione costituisce il 39 per cento delle loro entrate mensili.
Tuttavia, oltre la metà delle entrate mensili proviene dalla famiglia. Quattro studenti su dieci vivono con i genitori.
Un’indagine dell’UST prima della pandemia
È quanto emerge dai primi risultati dell’indagine sulla situazione socioeconomica degli studenti realizzata nel 2020 dall’Ufficio Federale di Statistica (UST). I risultati si riferiscono alla situazione precedente la pandemia di COVID-19.
Durante il semestre di studi, ogni settimana gli studenti delle scuole universitarie svizzere impiegano in media 9,7 ore per la loro attività professionale, a fronte delle 35,4 che dedicano allo studio.
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Il tempo dedicato complessivamente ogni settimana all’attività professionale, allo studio, ai lavori domestici e familiari nonché ad attività di volontariato è di 52,0 ore.
Nel complesso, l’impegno in termini di tempo aumenta con l’età, passando da 48,4 ore in media per gli studenti della fascia d’età più giovane (fino ai 20 anni) a 60,8 ore per quelli più anziani (più di 35 anni).
Con l’aumentare dell’età o in presenza di figli il tempo dedicato allo studio diminuisce, mentre sale quello dedicato all’attività professionale o ai lavori domestici e familiari.
Uno studente su quattro ha un’altra attività
Il 73 per cento degli studenti esercita un’attività professionale parallelamente allo studio. Il 68 per cento degli studenti che esercitano un’attività lavorativa presenta un grado di occupazione al massimo del 40 per cento.
Il tasso di occupati e il grado di occupazione dipendono dall’età: tra la fascia d’età più bassa (fino ai 20 anni) e quella delle persone di 26–30 anni si osserva infatti un aumento dal 44 all’82 per cento.
Più aumenta l’età degli studenti, maggiore è la percentuale di quelli che lavorano con un grado di occupazione superiore al 40 per cento.
Un leggero calo per chi frequenta l’università
Gli studenti di università e politecnici (UNI) sono in numero minore (69 per cento) a esercitare anche un’attività professionale rispetto a quelli delle scuole universitarie professionali e delle alte scuole pedagogiche (SUP/ASP; 79 per cento).
Una buona metà delle entrate è costituita da contributi della famiglia
Una parte notevole delle entrate mensili deriva dall’attività professionale degli studenti (39 per cento). La parte del leone, tuttavia, viene dal sostegno mensile della famiglia (52 per cento in media).
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La quota del sostegno familiare rispetto al reddito totale degli studenti si contrae con l’aumentare dell’età. A partire dalla fascia tra i 26 e i 30 anni, la fonte di reddito costituita dall’attività professionale è preponderante rispetto ai versamenti da parte della famiglia.
Gli studenti con almeno uno dei genitori diplomato di una scuola universitaria possono contare su un sostegno familiare pari a quasi i due terzi delle entrate mensili, mentre il sostegno fornito dai genitori che hanno una formazione di livello inferiore ammonta a meno della metà delle entrate mensili.
Un terzo di loro richiede borse di studio o prestiti
Rispetto al sostegno famigliare e all’attività professionale, i contributi alla formazione incidono meno sul budget degli studenti: borse di studio e prestiti corrispondono in media al 4 per cento delle entrate.
Per chi ne beneficia, tuttavia, rivestono una grande importanza. Nel semestre primaverile 2020, il tasso di studenti che hanno inoltrato una domanda per ricevere contributi alla formazione a enti pubblici, scuole universitarie od organizzazioni private si è attestato al 27 per cento, nel 43 per cento dei casi con esito positivo.
Quattro studenti su dieci vivono con i genitori
Il 41 per cento degli studenti dichiara di vivere a casa dei genitori, il 21 per cento in una comunità di inquilini, il 18 per cento con il/la proprio/a partner e, rispettivamente, il 10 per cento da soli o in uno studentato.
La situazione abitativa varia molto a seconda dell’età. Il 58 per cento degli studenti fino ai 20 anni vive con i genitori, mentre la percentuale si riduce al 4 per cento per quelli di più di 35 anni, che invece vivono prevalentemente con il/la proprio/a partner (uno per cento nella fascia d’età fino ai 20 anni a fronte del 73 per cento in quella superiore ai 35).
Tra un quinto e un quarto degli studenti della fascia d’età fino ai 30 anni vive in una comunità di inquilini, dopodiché la quota scende.
Tutto sommato, il confronto tra gli indicatori di cui sopra e quelli dell’ultima rilevazione, risalente al 2016, non rivela variazioni degne di nota.
Ma infatti si vede che i giovani elevetici sono molto piu preparati e competenti della maggior parte dei loro coetanei italiani.
In Italia poi ci sono giovani perennemente studenti che, completano il loro percorso di studi con forte ritardo e con voti minimi (magari regalati per toglierseli di mezzo) e poi grazie a conoscenze, amicizie, parentele etc. ottengono pure lavori top…. con i pessimi risultati che vediamo. Questi ultimi dovrebbero svolgere ben altri lavori ma non sia mai che personaggi cosi piegano la schiena o si sporcano le mani…..