Riforma della cittadinanza italiana ius sanguinis
Il decreto legge 28 marzo 2025 n. 36 introduce restrizioni per il riconoscimento della cittadinanza per discendenza e anticipa un disegno di legge che rafforza il legame tra cittadini all’estero e lo Stato italiano.

Il 28 marzo 2025 il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legge n. 36, che segna una svolta importante nella disciplina della cittadinanza italiana ius sanguinis, ovvero la trasmissione della cittadinanza per discendenza. La riforma risponde all’esigenza di arginare fenomeni di abuso e pratiche opportunistiche, introducendo un limite generazionale e nuovi requisiti sostanziali.
Un limite generazionale per ridurre gli automatismi e gli abusi
Uno degli elementi cardine della riforma è la restrizione dell’automatismo nella trasmissione della cittadinanza. Dal 28 marzo 2025, saranno cittadini italiani dalla nascita solo coloro che hanno almeno un genitore o un nonno nato in Italia. Questa misura mira a evitare che la cittadinanza venga riconosciuta a persone con legami troppo deboli o meramente formali con il nostro Paese, scoraggiando chi si reca temporaneamente in Italia esclusivamente per ottenere il passaporto italiano.
Chi potrà chiedere la cittadinanza secondo il nuovo decreto legge 28 marzo 2025 n. 36?
La riforma è entrata in vigore in parte con il decreto legge 28 marzo 2025 n. 36, definitivamente approvato dal Parlamento il 20 maggio 2025 con 137 voti favorevoli, 83 contrari e 2 astenuti. La norma modifica sostanzialmente la Legge n. 91/1992 e introduce criteri più restrittivi per la cittadinanza iure sanguinis, soprattutto per chi è nato all’estero e possiede un’altra cittadinanza.
Dal 27 marzo 2025, le nuove richieste di cittadinanza non potranno essere accolte per chi:
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è nato all’estero,
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è in possesso di un’altra cittadinanza (anche se italiana di origine),
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ed è discendente da italiani che non rientrano nei nuovi criteri di eleggibilità.
Fanno eccezione solo i seguenti casi:
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un genitore o adottante cittadino è nato in Italia;
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un genitore o adottante cittadino ha avuto residenza in Italia per almeno due anni continuativi prima della nascita o adozione del figlio;
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un nonno (ascendente di primo grado dei genitori o degli adottanti) è nato in Italia.
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Cosa prevede il disegno di legge?
Accanto al decreto legge, è stato presentato un disegno di legge che introduce ulteriori modifiche per valorizzare il legame effettivo con l’Italia e collegare la cittadinanza a un rapporto concreto con lo Stato. Le misure principali riguardano:
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Il figlio minorenne di cittadini italiani nato o residente in Italia per almeno due anni potrà ottenere la cittadinanza con semplice dichiarazione dei genitori.
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Chi ha perso la cittadinanza potrà riacquistarla solo se residente in Italia per almeno due anni.
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Gli oriundi con almeno un nonno italiano potranno diventare cittadini dopo tre anni di residenza in Italia, riducendo i tempi rispetto ad altre categorie.
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I coniugi di cittadini italiani potranno accedere alla naturalizzazione solo se residenti in Italia.
Ius sanguinis e legame reale con lo Stato: l’obbligo dei 25 anni
La riforma introduce anche un nuovo obbligo di mantenimento attivo della cittadinanza: chi è nato e vive all’estero dovrà dimostrare di aver esercitato almeno una volta ogni 25 anni un diritto o dovere civico italiano, come:
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votare,
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rinnovare il passaporto,
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aggiornare la carta d’identità,
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risultare fiscalmente registrato.
Questa norma simbolica e concreta rafforza l’idea di cittadinanza come appartenenza attiva, e non solo come eredità anagrafica.
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Numeri che giustificano la riforma: aumento delle domande e pressione sui servizi
Negli ultimi dieci anni, i cittadini italiani residenti all’estero sono passati da 4,6 a 6,4 milioni (+40%). Paesi con forte emigrazione italiana come Argentina, Brasile e Venezuela hanno visto un incremento consistente nelle richieste di cittadinanza, con oltre 60.000 procedimenti giudiziari pendenti per accertamenti. La riforma mira a evitare frodi, scorciatoie e il cosiddetto “turismo della cittadinanza”, alleggerendo la pressione su consolati e tribunali.
La nuova procedura centralizzata presso la Farnesina
La gestione delle domande di riconoscimento della cittadinanza non sarà più affidata ai singoli consolati, ma a un ufficio speciale centralizzato presso il Ministero degli Affari Esteri (Farnesina). Questa centralizzazione, che entrerà in vigore dopo un periodo transitorio di circa un anno, punta a semplificare, velocizzare e digitalizzare le procedure, consentendo ai consolati di concentrarsi sull’assistenza ai cittadini già riconosciuti.
Una cittadinanza fondata sull’identità, non solo sulla genealogia
La riforma non è intesa in senso punitivo, ma selettivo. Il principio dello ius sanguinis viene ridimensionato e orientato verso una visione moderna della cittadinanza: non solo discendenza, ma identità culturale, appartenenza civica e responsabilità verso lo Stato.

Domande frequenti sulla cittadinanza italiana ius sanguinis
Che cos’è la cittadinanza italiana?
È lo status giuridico che riconosce una persona come membro della Repubblica Italiana, con diritti e doveri civici.
Che cos’è lo ius sanguinis?
È il principio per cui la cittadinanza si trasmette per discendenza da un cittadino italiano, indipendentemente dal luogo di nascita.
Chi ha diritto oggi alla cittadinanza ius sanguinis secondo la nuova legge?
Solo chi ha almeno un genitore o un nonno nato in Italia, oppure chi ha genitori o adottanti cittadini italiani con almeno due anni di residenza continuativa in Italia prima della nascita o adozione.
Cosa cambia con la legge del 2025?
Si limita il riconoscimento automatico alla seconda generazione e si introduce l’obbligo di mantenere un legame attivo con l’Italia, esercitando almeno una volta ogni 25 anni diritti o doveri civici.
Come si presenta la domanda di cittadinanza?
Con la riforma, la competenza sarà affidata a un ufficio centrale presso la Farnesina, non più ai consolati locali, per rendere il processo più efficiente e veloce.
La cittadinanza come scelta consapevole
Con la nuova normativa, la cittadinanza italiana diventa una scelta da mantenere attivamente, e non un’eredità automatica. Il principio dello ius sanguinis non scompare, ma viene condizionato a elementi reali di identità, cultura e partecipazione. L’Italia intende così proteggere il valore giuridico e simbolico della propria cittadinanza, affidandola a chi dimostri di riconoscersi concretamente nel Paese.






